Quando furono dentro, la signora le fece accomodare in quello che era il loro salotto, posto alla destra della porta d’ingresso. Era molto semplice, arredato con un paio di vecchie poltrone poste vicino ad un camino acceso.
<<Bernard! vieni qui!>> Chiamò a gran voce la donna rivoltasi alle scale alla sua sinistra. Mentre Aveline e Corinne si sedettero di fronte al fuoco, un uomo di mezz’età muscoloso, calvo e con una folta barba nera scese dalle scale esordendo: <<Che diamine succede?! E chi sono queste due?!>>
<<Queste due ragazze sono state attaccate nella loro casa stanotte. Quella più grande è incinta e non trova suo marito. Le ho trovate per strada che mi venivano incontro, non le potevo lasciare lì!>> rispose la donna. Dopo aver preso dell’acqua e un po’ di pane lo portò alle ragazze.
<<Potrebbe essere un inganno lo sai vero?>> La accusò il marito.
<<Ma guardale! Sono tremanti e indifese! Non me la sentivo di lasciarle lì! Quella più grande avrà l’età di nostra figlia. Dovevo aiutarle!>>
<<Prometto che è solo per stanotte. Domattina inizierò a cercare mio marito. La prego di credermi>> disse Aveline rivolgendosi all’uomo.
<<Umpf… Ve bene… ma vi tengo d’occhio! E solo fino a domattina!>> Concluse duramente lui.
<<Grazie infinite>> Gli rispose Aveline con un sorriso.
Detto questo l’uomo andò a parlare con la moglie,e mentre Aveline si stava godendo il tepore del fuoco si accorse che Corinne si era addormentata. Fu soddisfatta del fatto che, per quanto fosse andata male, quella notte avrebbero potuto passarla al sicuro, il che le dava modo di calmarsi e pensare a come avrebbe potuto ritrovare Connor e Patience.
Mentre rifletteva vide i due tornare verso di loro. La donna si rivolse ad Aveline e le disse: <<Venite, vi faccio accomodare nella stanza di mia figlia. Il letto è abbastanza grande per entrambe>>
<<Non disturbatevi. Possiamo stare anche qui, avete già fatto molto accogliendoci in casa vostra>> Replicò lei.
<<Ragazza mia, nel tuo stato hai bisogno di un letto e di dormire bene. Sveglia la tua amica e saliamo>> Le rispose la signora.
Aveline fece come le era stato detto: seguirono la signora al piano superiore, dove le fece accomodare in una stanza che era posta sull’angolo dell’edificio. C’erano due grandi finestre sulla parte di fronte a loro e su quella alla loro destra. A sinistra invece c’erano un letto a due piazze con due semplici comodini di legno, una scrivania e un grande armadio, posto accanto alla porta.
Quando furono entrate la signora disse loro: <<Nell’armadio ci sono alcuni abiti puliti, e se ne avete bisogno il bagno è in fondo a questo corridoio. Se serve qualcosa noi siamo nella porta di fronte>>
Aveline le si avvicinò e disse: <<Non so come ringraziarvi. Prometto che daremo il minor disturbo possibile e domattina andremo via>>
<<Tesoro, io ho una figlia che ha più o meno la tua età e anche lei è incinta. Resta pure tutto il tempo che ti serve. Non ti preoccupare di quel burbero di mio marito>>
<<Non finirò mai di ringraziarla>> le rispose Aveline con un grande sorriso.
<<Nel trambusto non ci siamo presentate: io sono Madeline, mentre Bernard è mio marito>> Aggiunse la signora.
<<Io sono Aveline, e lei è Corinne>> disse indicando la sua amica, che si era già spogliata e infilata sotto le coperte.
<<Piacere di conoscervi. Senti, posso chiederti di quanti mesi sei?>> Domandò Madeline curiosa. Aveline finendo di sbottonarsi la camicia e mostrando la pancia le rispose: <<Quattro mesi>>. Alla signora si illuminarono gli occhi: <<Che bello! Sono felice per te. Mia figlia invece dovrebbe partorire a breve>>. Poi con un gesto della mano si congedò: <<Via, via! Ora va’ a letto che ti sei affaticata anche troppo. Domani mi racconterai meglio che cosa vi è successo>>
<<Va bene. Buonanotte>> La salutò Aveline con un sorriso.
Quando ebbe chiuso la porta, Aveline finì di spogliarsi.
L’abito da Assassina le era stato utile, ma iniziava a starci male dentro. Sperava che nessuno trovasse le sue cose di lì all’indomani mattina. Staccò le lame dai bracciali, le avvolse dentro la camicia e le infilò sotto le coperte, alla fine del letto. Dopodiché si infilò una camicia da notte trovata nell’armadio e andò a letto.
La mattina seguente dopo, essersi sistemate ed aver mangiato assieme, le ragazze salutarono la coppia e tornarono verso l’ingresso alle fogne dove Aveline aveva lasciato la sua roba. Aprì la botola ma non vide il sacco: <<Maledizione! ora devo anche ritrovare la mia attrezzatura!>> esclamò Aveline con rabbia, mentre richiudeva la botola.
<<Hey! Eccovi finalmente!>>
Entrambe alzarono lo sguardo e videro Connor in piedi, sul bordo del tetto dell’edificio alle loro spalle, che le guardava tenendo in alto il sacco con tutte le cose di Aveline. Pochi secondi dopo era già sceso a terra e andava loro incontro.
Quando furono vicini, lasciò cadere il sacco e abbracciò forte Aveline, che rimase sorpresa per un attimo, ma poi lo strinse forte a sé ricambiando il suo abbraccio. In quell’istante si sentì di nuovo al sicuro come solo lui riusciva a farla sentire.
<<Ho avuto una paura tremenda. Ho temuto per te e per il bambino>> Le sussurrò Connor senza lasciarla. <<Sto bene, anzi, stiamo bene>> Rispose Aveline con un sorriso. Quando finalmente si staccarono, lui le accarezzò la guancia e le sussurrò: <<Non permetterò a nessuno di farvi del male>>.
Aveline sentì il bambino muoversi e istintivamente appoggiò una mano sul ventre: <<Ti ha sentito>>.
Disse con un dolce sorriso. Connor ricambiò il suo sguardo con dolcezza e si chinò per posare l’orecchio sulla sua pancia. Bisbigliò qualche parola nella sua lingua e poi le accarezzò dolcemente il grembo.
Corinne e Patience osservarono la scena in silenzio e con emozione.
Aveline incrociò lo sguardo commosso di Patience, che le sorrise con complicità. Connor si rialzò in piedi, raccolse il sacco con le cose di Aveline e glielo porse: <<Tieni. Adesso faremmo meglio a sbrigarci. Dobbiamo andarcene da qui il prima possibile. Anche tu Corinne, qui nessuno di noi è al sicuro>>.
Detto questo si misero subito in cammino per Diamondhead.