Rimasero in silenzio per diversi minuti: Connor indossava degli abiti da lavoro per confondersi meglio tra le persone del luogo, mentre Aveline indossava i suoi abiti da schiava, ottimi per farsi passare come donna delle pulizie. Aveline decise di intraprendere la discussione: <<Senti Connor, io e te dobbiamo parlare>>. Disse guardandolo mentre camminavano uno accanto all’altra.

<<Non mi risulta>> Rispose freddo Connor.

<<Io ho capito di averti fatto soffrire e ti ho anche chiesto scusa per quello che ho fatto. Perché devi continuare a trattarmi con questo atteggiamento strafottente?>> Chiese Aveline ignorando la risposta precedente di lui.

<<Credi che delle scuse bastino a cancellare quello che mi hai fatto?>> Rispose lui senza voltarsi.

<<Guardami in faccia quando ti parlo, tanto per cominciare>> Disse prandoglisi davanti per impedirgli di continuare a camminare. Connor finalmente la guardò con aria seria e irremovibile: <<Piantala. Abbiamo una missione da portare a termine. Tutto il resto è solo una distrazione>>

<<No adesso sei tu a chiudere la bocca e a starmi a sentire!>> Connor rimase visibilmente sorpreso dalla risposta di Aveline, che proseguì dicendo: <<Io non ti ho chiesto di tornare insieme a me o di fare finta che niente sia successo, ma da quando siamo partiti tu non fai altro che ignorarmi o trattarmi come una bambina. Ti rendi conto che pretendi di darmi ordini e neanche mi guardi in faccia? Non credi che sia arrivato il momento di smetterla?!>>

<<Tu mi hai ferito! Mi hai tradito, e questa per me è l’unica cosa che conta!>>

<<Ti svelo un segreto Connor: le persone possono sbagliare e rendersi conto dei propri sbagli! Ed è ciò che ho fatto io! Questo non significa niente per te?!>>

Connor rimase in silenzio e smise di guardarla: lo aveva messo con le spalle al muro, e adesso non sapeva cosa risponderle.

Aveline continuò: <<Non puoi avercela tutta la vita con me. Dobbiamo chiarire le cose come due persone adulte: i fatti possono essere visti anche da una prospettiva diversa. Quello che tu hai percepito come un tradimento da parte mia, anche se è stato un comportamento sbagliato, era una mia decisione stupida di evitarti di soffrire!>>

<<Ho già sentito questa giustificazione, Aveline. Ne ho abbastanza di questi discorsi>>

<<Come fai a dire che ne hai abbastanza se è la prima volta che affrontiamo il discorso?!>>

<<Non mi va di parlare di queste cose adesso! Ti ho già detto che dovremmo occuparci della missione>> Rispose Connor seccato.

<<Vuoi lasciar perdere un attimo la missione?! È di noi tre che stiamo parlando! Si esatto, ti ricordo porto in grembo nostro figlio! Questo non significa niente per te?!>> Chiese Aveline con gli occhi lucidi. Connor rimase a fissarla in silenzio per qualche istante, poi finalmente parlò: <<Io… ho bisogno di tempo. Ho sofferto troppo. Io ci credevo davvero in noi: anche se siamo stati insieme per poco tempo, tu sei stata l’unica donna che io abbia amato davvero. Ma anche una delle mie più grandi delusioni…>>

<<So di averti deluso e di averti fatto soffrire: e visto che questo era ciò che volevo evitare, mi fa stare ancora più male ripensare a quello che è successo. Anche io ti ho amato davvero Connor… e ti amo ancora… e questo non si può cancellare>> Aveline aveva le lacrime che le rigavano il viso e la voce rotta.

<<No, è vero, non si può cancellare. Ma neanche il male che mi hai fatto può essere cancellato. Ammetto di aver sbagliato a comportarmi così con te per tutto questo tempo… È come se mi fossi costruito un muro per tenerti lontana e non ripensare a quello che è successo>>

<<Io ti sto solo chiedendo di darci una tregua. Dobbiamo lavorare insieme, e cosa più importante, siamo legati ancor più di prima dal nostro bambino. Non possiamo continuare ad ignorarci o ad incolparci>>

<<Hai ragione. Cercherò di essere meno duro con te>> Rispose alla fine Connor.

<<Grazie>> Disse Aveline spostandosi e riprendendo a camminare.

Percorsero circa un chilometro in silenzio, poi Connor le domandò: <<Come stai?>> Aveline rimase un po’ sorpresa. <<Con la gravidanza intendo. So di non avertelo mai chiesto e di questo devo chiederti scusa>> Continuò Connor. Non sembrava più nemmeno la stessa persona di qualche ora prima a parlare. <<Ti ringrazio dell’interessamento: stiamo bene. Ieri sera ho sentito che si muoveva per la prima volta>> Rispose Aveline sfiorandosi il ventre dolcemente. Ormai aveva iniziato il quarto mese di gravidanza perciò si iniziava a vedere la pancia. <<Mi fa molto piacere>> Rispose Connor, che sorrise senza però guardarla. Finalmente Aveline sentì di essere riuscita a fare un passo avanti con lui.

Quando furono sul posto Aveline vide che l’edificio era una palazzina di due piani, ben tenuta in confronto a tutti gli edifici che aveva attorno. Dopo un breve sopralluogo fece per entrare e si sentì prendere la mano: <<Sta’ attenta>>. Le disse Connor visibilmente in pensiero. <<Non preoccuparti. Farò presto>> Rispose Aveline.

Entrò e si ritrovò in un’ampia sala dove da entrambi i lati vedeva ovunque cuscini sparsi qua e là, anche alcuni divani, era libera solo una striscia di pavimento che la attraversava e portava verso un corridoio.

Venne accolta da una donna che sembrava avere solo qualche anno più di lei: le si avvicinò e disse: <<Buongiorno cara, cosa cerchi?>>

<<Salve sto sostituendo la signora Thompson per le pulizie>>

<<Oh! Che cosa le è successo?>> le chiese stupita la donna.

<<Si è ammalata, non c’è niente di cui preoccuparsi, però data l’età ha preferito mandare me>> le rispose Aveline.

<<Oh si certo… allora ti direi di fare il giro delle camere per prendere la biancheria>>

<<Perfetto, vado>> concluse Aveline con un sorriso.

Si avviò quindi verso il corridoio che portava dalla sala d’ingresso fino alle scale. Lungo il corridoio c’erano quattro porte, due da un lato e due dall’altro, e decise di dare un’occhiata dentro ad ognuna: notò che le stanze di quel piano erano probabilmente usate dalle ragazze. Trovò infatti un bagno, una cucina, un ripostiglio e una stanza da letto molto semplice.

Si soffermò sia nel bagno che nella camera, oltre che per prendere la biancheria sporca che aveva visto, anche per dare un primo sguardo a quelli che sarebbero potuti essere punti di accesso.

Finito il giro andò al piano superiore e si trovò in una sala ampia, ma non quanto la prima, ed aveva tutte la pareti rivestite da pannelli e arazzi, tutti decorati con colori che andavano dal rosso scuro al dorato. Al centro della sala c’era un divano con vari altri cuscini, ed era tutto illuminato da due grandi finestre poste sulla parete opposta a quella dove si trovava lei.

Guardandosi attorno vide che c’erano tre stanze per lato, ed entrò dentro ad ognuna: non ebbe molto modo di guardarsi attorno in cerca di entrate o nascondigli, poiché nelle varie camere trovò le ragazze che si stavano preparando ad accogliere i clienti, ma vide che in ogni stanza c’era un grande armadio e le finestre erano coperte da tende. Una in particolare vide che sarebbe stata un ottimo punto di accesso, poichè poco distante c’era un grosso albero; riuscì senza farsi notare a bloccare la chiusura della finestra, in modo che si potesse aprire facilmente dall’esterno.

Finito il giro scese al piano inferiore e si avviò verso l’uscita. Sul suo cammino trovò la donna che l’aveva accolta, che la vide e le domandò: <<Tutto fatto?>>

<<Si si: ho preso tutto quanto. Lo porto a lavare e lo riporto pulito>> le rispose Aveline, e salutando uscì dal locale.

Quando uscì Connor le andò incontro e insieme si avviarono per tornare a casa di Corinne.