Entrò in casa e notò che Gérald non c’era, quindi andò a cercarlo al magazzino: salì le scale ed entrò nella sala in cui gestiva il commercio dell’azienda. Era seduto dietro la scrivania e stava scrivendo qualcosa con aria molto impegnata. Aveline lo salutò, richiamando la sua attenzione: <<Ciao…>>
Gérald lasciò immediatamente ciò che stava facendo, si alzò e le andò incontro: <<Aveline, già di ritorno?>> Le domandò con aria interrogativa. <<Va tutto bene, tesoro? Hai davvero una brutta cera>>
<<Sediamoci…>>
<<Ma certo. Vieni>> Si sedettero uno davanti all’altra alla scrivania. Aveline fece un bel respiro e poi parlò: <<In questi giorni trascorsi a Delisle sono venuta a sapere che a capo dell’organizzazione della zona c’è un uomo chiamato “Il Capitano”, Capitano di una nave che tiene sotto controllo tutta la baia e che attracca ogni tre giorni. Purtroppo non ho potuto proseguire nella mia missione perché ho avuto dei problemi col braccio>>
<<Capisco. Adesso stai bene?>>
<<No… Sono stata dal medico, che mi ha detto che non sarò mai più la stessa, e che anche se dovessi stare meglio, accadrà col tempo. Non posso affrontare la missione da sola in queste condizioni>>
<<Certo che no. Come posso aiutarti?>>
<<In nessun modo… Devo chiedere ancora una volta aiuto a Connor…>>
<<Non penserai di affrontare ancora un viaggio del genere?>>
<<Non ho altra scelta Gérald. E comunque c’è dell’altro…>>
<<Di che si tratta?>>
<<Ho intenzione di partire domattina… e di non fare mai più ritorno a New Orleans>>
<<Che cosa?! Ti ha dato di volta il cervello per caso?!>>
<<Questa è la mia decisione. Sono mesi, anzi anni, che medito su questa possibilità. Questa vita non mi appartiene Gérald…>>
<<Ma… Aveline, ti rendi conto di che cosa stai dicendo? Non pensi a noi?… a me?>>
<<Certo che ci penso, ed è proprio per questo che la mia partenza gioverà ad entrambi… Tu hai bisogno di una donna che sappia amarti e che sia presente nella tua vita, cosa che io non potrò mai essere…>>
Gérald si accasciò sulla sedia con aria incredula: scosse la testa più volte poiché non riusciva a credere a quelle parole. Poi parlò con tono seccato tornando in una posizione composta: <<Sono due anni che siamo fidanzati… Avremmo dovuto sposarci il mese prossimo… Ti comporti in modo strano da quando sei tornata dal tuo ultimo viaggio. Credi che sia stupido?!>>
<<Gérald, ti prego…>>
<<GÉRALD UN ACCIDENTE!>> gridò alzandosi e battendo le mani sulla scrivania con violenza. Aveline fissava il pavimento evitando di guardarlo: si sentiva in colpa e triste, ma sapeva che era la cosa più giusta da fare.
<<Adesso mi dici cosa diavolo è successo in quella dannata tenuta. E smettila di prendermi in giro! Sii sincera una volta tanto!>>
<<Non ho nient’altro da dirti. Ciò che è accaduto lo sai già. Questa decisione non ha niente a che vedere con Connor…>>
<<GIURA!>>
Aveline lo fissava negli occhi, decisa a non raccontargli tutta la verit: <<Gérald, calmati per favore. Non farti venire attacchi di gelosia immotivati>>
<<Mi dispiace, ma non ti credo>>
Allora anche lei si alzò dalla sedia e gli disse con aria risoluta: <<È inutile che cerchi qualcuno a cui dare la colpa: l’errore è stato nostro, soprattutto mio. Tu sei sempre stato innamorato di me. Io ho sempre provato qualcosa, ma non posso dire di averti mai amato davvero. Ci ho provato, credimi, ma tra noi non può funzionare>> Prese l’anello di fidanzamento dal sacchetto che portava alla cintura e glielo porse:<<Mi dispiace…>>
Gérald lo strinse nella mano, poi inspirò a fondo nel tentativo di calmarsi. Lo appoggiò sulla scrivania e tornò a sedersi appoggiando le mani sul tavolo.
<<Non posso certo costringerti a restare con me se non mi vuoi>> Disse amareggiato <<Ma che ne sarà della villa e dell’azienda? Dei sacrifici di tuo padre di una vita intera? A questo avevi pensato?>>
<<Certo: se tu sei d’accordo ho intenzione di rinunciare a tutto quanto e di lasciarlo a te>>
<<Come immaginavo… prima di vedere buttato al vento il lavoro di tutta una vita, preferisco accollarmi personalmente tutte le responsabilità>> Rimasero per qualche istante in silenzio, poi Aveline parlò: <<Domattina andrò dall’avvocato per preparare le carte per la cessione… Poi partirò>> Gérald non rispose e rimase a fissare il vuoto con aria rassegnata. Dopo qualche secondo bisbigliò <<Due anni… Non doveva finire così…>>.
<<Gérald io…>>
<<Scusa ma adesso vorrei restare qui da solo… Vattene per favore…>>
<<Come desideri>> Aveline si voltò e se ne andò; mentre scendeva le scale sentì in lontananza Gérald scoppiare a piangere. Con la tristezza nel cuore uscì dal magazzino e si diresse verso la villa. “Quante altre persone dovranno soffrire per causa mia? E pensare che ho reso tutto più semplice, dato che gli ho raccontato solo una mezza verità” Pensò mentre camminava lungo le strade della città. “Per quanto possa dispiacermi, non è questa la vita che voglio per me… e nemmeno per mio figlio”. Arrivata in casa salì le scale ed andò a preparare una borsa per la partenza: vi mise dentro una quantità di denaro tale da consentirle di affrontare tranquillamente un viaggio di due mesi. Poi preparò i suoi abiti da schiava e li appoggiò piegati sul canterale. Decise di non portare il suo abito da nobile, simbolo di un’identità che ormai non le apparteneva più. “A volte non mi riconosco più… Continuo a mentire senza neanche pensarci… a chiunque. Abbandonare questa vita mi consentirà anche di ritrovare me stessa” Pensò mentre appoggiava il suo abito verde sul manichino, per evitare che si sguarcisse.
Il giorno successivo andò dall’avvocato e si fece preparare le carte per la cessione di tutti i suoi beni a Gérald. L’uomo, che la conosceva da anni, rimase stupito e spiazzato da quella scelta, ma Aveline non volle dare troppe spiegazioni, quindi si limitò a firmare e a prendere tutti i documenti. Fatto questo si diresse verso la piazza principale della città e andò immediatamente a prenotare una carrozza per il viaggio: nelle sue condizioni non se la sentiva di viaggiare da sola e per giunta a piedi. Il responsabile acconsentì a scortarla fino alla tenuta, e dopo aver stabilito l’ora di partenza e i soldi necessari, si salutarono e rimasero d’accordo per il ritrovo.
Aveline tornò al magazzino per incontrare Gérald, che probabilmente era rimasto lì dalla sera prima pur di non vederla. <<Ciao>> Gli disse entrando nella stanza in cui si trovava anche ieri: era seduto dietro la scrivania e dava l’impressione di non aver dormito. Accanto a lui, sulla scrivania, c’era una bottiglia vuota di Whiskey. <<Ciao…>> Rispose lui con voce roca.
<<Ti ho portato i documenti per la cessione… come avevamo stabilito. Ho bisogno che tu li firmi tutti>>
<<Buttali lì… lo farò appena ho tempo…>> Mormorò indicandogli con un gesto sbrigativo la cassettiera dietro di lei. Aveline fece come le aveva detto di fare, poiché era evidente che in quello stato non sarebbe riuscito nemmeno a capire cosa ci fosse scritto.
<<Adesso devo andare Gérald…>>
<<…Dove andrai?>>
<<Te l’ho detto, torno alla tenuta di Davenport per portare a ter…>>
<<Intendo dopo. Dove andrai a vivere?>>
<<In realtà non l’ho ancora deciso…>>. A quelle parole Gérald scoppiò in una risata amara, e poi disse con sarcasmo: <<Non sai dove andrai?… Non hai grandi piani per il tuo futuro… Meglio dove porta il vento, piuttosto che con l’uomo che ti ama…>>
<<Ti prego non ricominciare…>>
<<No, tranquilla. Ho finito…>> Fece lui alzandosi in piedi e spostandosi da dietro la scrivania. <<Immagino che questo sia un addio…>> Disse avvicinandosi ad Aveline.
<<Si. Devo chiederti di non cercarmi più>>
<<Non lo farò… va’ e vivi il tuo incerto lieto fine! Tanto come minimo cambierai identità… chissà se l’hai mai conosciuta davvero la tua identità…>> Disse con amarezza accarezzandole il mento con l’indice.
<<Adesso devo andare…>>
<<Non mi dai nemmeno un abbraccio?>>
Non aveva mai visto Gérald in quello stato, quindi non sapeva bene comportarsi. Si avvicinò con incertezza e lo abbracciò. Lui la strinse forte a se’: rimasero così per diversi secondi, poi si staccarono e si guardarono con la tristezza negli occhi.
<<Addio…>>
<<Addio, Aveline. Fa’ buon viaggio…>>
Aveline uscì con le lacrime agli occhi e si diresse rapidamente verso l’uscita. Aveva bisogno d’aria e di riprendersi. Si diresse verso il punto di ritrovo per salire in carrozza e lasciare per sempre New Orleans.