Arrivata a Delisle trovò una città non molto diversa dalla sua: case, palazzi e molta gente in strada, troppo incentrata su se stessa per accorgersi di cosa gli capitava attorno. Aveline iniziò il suo giro per le strade, ascoltando i discorsi della gente per le strade, nei vicoli e nei mercati.

Aveva già ottenuto alcuni dati riguardanti un possibile obiettivo, e si era ormai fatta una certa ora. Decise quindi che avrebbe chiesto ospitalità in una locanda per la notte.

Non dovette camminare molto per trovarne una disponibile. Una volta entrata si trovò in una grande sala con molti tavoli e molta gente che mangiava e beveva discutendo animatamente. Si appoggiò al bancone per parlare con l’oste: <<Salve vorrei una stanza per la notte>>. L’oste la guardò con disprezzo e disse: <<La gente come te non la voglio qui>>

Questo la fece infuriare: con un riflesso condizionato posò la mano sul machete che portava alla cintura, ma venne distratta da un uomo che si frappose tra di loro: <<Signori, calma. Non facciamo gesti avventati>> disse guardando Aveline, che rimise entrambe le mani sul bancone, e poi rivoltosi all’oste: <<Però amico mio potevi anche essere più garbato: la signorina qui è un’ospite. La sua famiglia fornisce merci a tutta la città da anni. Comportati da signore e falle avere una stanza>>. L’oste mandò un occhiataccia all’uomo e infilata una mano sotto al bancone ne estrasse una chiave che porse ad Aveline.

Aveline prese la chiave e ringraziò poi si voltò verso l’uomo che l’aveva aiutata: <<Vi ringrazio. Come sapete chi sono?>>

<<Signorina De Grandprè, sono Kevin Burter: per anni ho lavorato per vostro padre>>

<<Vi ringrazio di cuore. Come posso ricambiare?>>

<<Mia signora non mi dovete nulla, anzi mi avete permesso di ripagare un favore fattomi da vostro padre>> le rispose l’uomo sorridendo.

<<Come vanno le cose da queste parti? ho sentito che negli ultimi anni la situazione è degenerata>>

lo sguardo dell’uomo si fece serio di colpo: <<Non possiamo parlare qui andiamo da un’altra parte>>. Detto questo si voltò ed iniziò a camminare verso la rampa di scale che era alla sinistra del bancone.

Mentre camminava Aveline si sentì osservata, e quando si voltò vide un uomo di mezza età distinto osservarla intensamente. L’uomo si voltò non appena inrcociò il suo sguardo.

Continuò a seguire Kevin fino al piano di sopra, dove percorsero il corridoio che si trovarono di fronte fino ad un punto in cui svoltava a destra. Si fermarono dietro l’angolo e Kevin iniziò dicendo: <<Bisogna stare molto attenti a cosa diciamo: qui anche i muri hanno le orecchie>>

<<Che sta succedendo?>> chiese Aveline.

<<Beh, devi sapere che da un po’ di tempo a questa parte, la situazione qui è diventata sempre più pesante. Le guardie chiedono tributi sempre maggiori, e chi non paga viene giustiziato o venduto come schiavo, e questo vale per tutta la baia. In più c’è un gruppo che sta pian piano bloccando l’accesso a tutta la zona a nord di Diamondhead, quindi per ogni viaggio o trasporto via terra che deve essere fatto verso ovest rispetto alla baia si deve aggirare tutta quanta quella zona impiegando molto più tempo>>

<<Hai qualche idea su chi stia causando tutto questo?>>

<<No, mi dispiace. Posso però dirti che molti danno la colpa della pressione sul popolo al Generale Reltzer, ma non esce mai dal forte a sud>>

<<Grazie dell’informazione. Per la questione degli schiavi invece che sai dirmi?>>

<<Che non è mai stata così forte in questa zona. Ora però ti devo lasciare non possiamo stare tanto a parlare, potrebbero scoprirci>>

<<Ok, grazie di tutto>>

<<Di niente, mia signora>> le rispose Kevin abbozzando un mezzo inchino.

Aveline entrò nella propria stanza e, mentre andava a letto, continuò a pensare a quello che le era stato detto.

Decise che avrebbe passato qualche altro giorno in zona per capire meglio di cosa fosse effettivamente responsabile il Generale Reltzer e chi ci fosse dietro la tratta degli schiavi.

Nei giorni successivi pedinò alcuni mercanti di schiavi e riuscì a capire che gli schiavisti della zona facevano capo ad un unico uomo chiamato il “Capitano”.

Per tutto il tempo che passò a Delisle ebbe modo di verificare personalmente cosa le guardie facevano alla gente: in un paio di occasioni non riuscì ad impedire che le persone venissero maltrattate e picchiate, ma un giorno andò diversamente. Era sulla strada che portava fuori città quando si accorse che alcune guardie stavano inveendo contro una donna. Iniziò a correre verso di loro, e quando arrivò avevano iniziato a picchiarla.

In un attimo uccise entrambi, sorprendendoli alle spalle e conficcandogli le lame celate nel collo. Si voltò per affrontare gli atri due: liberò il machete e si preparò allo scontro.

Si accorse all’ultimo di un fendente che uno dei due stava calando su di lei, ma grazie a i suoi riflessi riuscì a schivarlo rotolando di lato. Tornata in piedi prese un paio di bombe fumogene che portava nel sacchetto legato alla cintura e le gettò a terra. Un denso fumo bianco si espanse in pochi attimi e li avvolse tutti quanti.

Nascosta dal fumo Aveline attaccò con violenza la guardia più vicina, che non vedendola arrivare riuscì a stento a difendersi e venne sbilanciata dalla violenza del colpo.

Aveline sfruttò il momento per ucciderlo con un colpo di machete, piantandoglielo con violenza nell’incavo tra spalla e collo; eliminato lui, sfruttò quel poco di fumo che non si era ancora diradato per coprire la distanza che la separava dall’altro obiettivo, che però riuscì a difendersi, obbligando Aveline a cambiare tattica e a tornare in posizione difensiva. Scambiò alcuni colpi con lui, rendendosi però conto che il braccio non avrebbe retto ancora per molto e che avrebbe dovuto porre velocemente fine al combattimento se voleva uscirne viva. Così prese con entrambe le mani il machete e si avventò su di lui con tutto il peso cercando di sbilanciarlo, o almeno di rompergli la guardia; l’uomo perse l’equilibrio ed entrambi rovinarono a terra: la guardia si liberò del peso di Aveline, facendola rotolare di lato per poi rialzarsi. Aveline però fu più rapida di lui e prima che riuscisse a recuperare l’arma gli fu addosso e lo uccise infilzandolo violentemente nell’addome con il machete.

Stremata si voltò verso la donna che le si fece incontro: <<Dio ti benedica! Quelle guardie mi avrebbero violentata e venduto come schiava se non fosse stato per te>>

<<Figurati. Mi pare il minimo: non potevo rimanere ferma a guardare>>

<<La situazione è questa da un po’ di tempo ormai: in tutta la baia succede così>>

<<Si, ho sentito voci al riguardo. Ho sentito che a gestire la vendita di schiavi c’è un uomo chiamato il “Capitano”. Sai dirmi qualcosa di più?>>

<<So che è Capitano di una nave che tiene sotto controllo tutta la baia>>

<<Sai anche dove attracca?>>

<<È qui ogni tre giorni. Io sarei stata caricata stanotte se non fosse stato per te>>

<<Grazie dell’informazione>> le disse Aveline, poi una fitta al braccio le fece capire che avrebbe dovuto aspettare prima di ripartire.

<<Ascolta volevo chiederti se ti fosse possibile ospitarmi fino a domattina>>

Il volto della ragazza si illuminò: <<Certamente, è il minimo che possa fare per ripagarti, vieni entra>> Disse la ragazza spostandosi per farla entrare in casa. Quando furono entrate la ragazza chiuse la porta e disse: <<Non mi sono ancora presentata, io sono Corinne>>

<<Aveline, molto piacere>>

<<Se vuoi riposarti ci sono due camere da letto al piano di sopra, io vado a preparare qualcosa>>

<<Grazie>>

La casa in cui si trovava era molto povera: era un’unica stanza in cui c’era un tavolo con alcune sedie posto orizzontalmente, di fronte alla porta d’ingresso, mentre sulla destra c’era quella che poteva essere definita la sala da pranzo, con il camino, un piccolo tavolo posto di fianco ed alcune pentole ed utensili attaccati al muro. Le scale si trovavano invece sul lato opposto: Aveline salì e si trovò in una piccola area che metteva in comunicazione due stanze. Aveva una porta sulla destra ed una sulla sinistra: entrò a destra e si trovò in una stanza non troppo piccola, illuminata dall’unica finestra sulla parete alla sua sinistra; una cassettiera era invece posta sulla parete opposta.

Si liberò di tutte le cinture e si distese sul letto, chiedendosi come avrebbe fatto a concludere la sua missione se non poteva combattere o muoversi come avrebbe voluto. Si rese conto che la sua salute stava diventando un problema per il suo ruolo: doveva farsi vedere da un dottore al più presto. Mentre pensava alla sua salute le venne in mente un dettaglio di cui non si preoccupava da tempo: non aveva più avuto il ciclo.