Rimase accucciata con il viso tra le mani, singhiozzando per diversi minuti. Pian piano riprese fiato e riuscì a smettere di piangere. Si asciugò le lacrime e si alzò rimanendo appoggiata al muro. Rimase a fissare il vuoto per diversi minuti: la assalì la consapevolezza che era finita. Adesso tutti i suoi progetti e desideri le apparivano inutili e stupidi. Nulla aveva più senso. Decise di darsi una mossa, quindi si tirò su e s’incamminò verso la zona abitata della città, lasciandosi il porto alle spalle. Attraversò le strade e i vicoli del paese e giunse finalmente alla villa dei De Grandpré. Bussò e sperò di non avere ancora gli occhi lucidi o arrossati. Dopo qualche istante la porta si aprì e Gérald la salutò buttandogli le braccia al collo: <<Aveline! Finalmente sei tornata, amore mio!>> Aveline ricambiò con un abbraccio privo di calore: <<Già. Casa, dolce casa…>>. Gérald smise di abbracciarla e la baciò prendendole il volto tra le mani. Aveline si staccò quasi immediatamente e gli abbassò le mani protestando: <<Gérald ti prego! Lasciami respirare!>>. Lui la guardò stupito e dispiaciuto: <<Aveline, ma che ti prende? È normale che abbia voglia di abbracciarti, dato che sono quasi tre mesi che non ti vedo>>.
<<Si, lo so. Scusa. È che ho avuto una giornata particolarmente faticosa, quindi sono veramente esausta>>
<<Ma certo, lo capisco>> Rispose lui facendola entrare e chiudendo la porta. <<A parte la stanchezza, come stai? Ci hai messo più del previsto a portare a termine la missione>>
<<Tutto bene, se non si calcola un orso gigante che mi ha quasi uccisa… Ti racconterò a cena con calma… adesso vado a farmi un bagno e a cambiarmi>> Concluse avviandosi verso le scale. <<Va bene, io ti aspetto in sala…>>
Arrivata nella sua stanza chiuse la porta a chiave e iniziò a spogliarsi. Indossò la vestaglia e si diresse verso il bagno. Preparò la vasca per lavarsi. Una volta riempita, rimase seduta sul wc a fissare il pavimento. Scoppiò ancora a piangere ripensando a quello che era accaduto poco tempo prima. Cercò di darsi un contegno temendo che Gérald potesse sentirla. Provò a pensare ad altro; si tolse la vestaglia ed entrò nella vasca con la speranza di riuscire a rilassarsi.
Quando fu pronta tornò in camera e indossò il suo elegante abito verde: si guardò allo specchio e pensò che probabilmente quella sarebbe stata la sua vita fino alla fine dei suoi giorni. Si sedette davanti alla specchiera e iniziò ad acconciarsi i capelli: rimosse tutte le treccine e sistemò i ricci come di consueto quando doveva indossare quel genere di vestiti. Rimase per un po’ a fissare la sua immagine nello specchio con malinconia, poi mise un velo di rossetto e riordinò il piano di appoggio. Scese giù in sala per incontrare Gérald: lui la stava aspettando davanti al camino con le mani dietro la schiena.
<<Eccomi>> Disse Aveline annunciandosi per attirare la sua attenzione. <<Tesoro, sei bellissima. Non mi stancherò mai di dirtelo>> Le disse avvicinandosi. Le prese la mano e la baciò con galanteria. Aveline abbozzò un sorriso e gli consentì di darle un bacetto sulla guancia: se doveva tornare alla vita di sempre tanto valeva calarsi per bene nella parte, ed accettare che lui sarebbe presto diventato suo marito.
<<Sediamoci>> Le disse facendole cenno di accomodarsi al grande tavolo posto di fianco a loro. Le scostò la sedia per farla sedere, da vero gentiluomo, poi si sedette davanti a lei. Iniziò: <<Non sai quanto mi sei mancata tesoro. Sono davvero felice che tu sia tornata sana e salva. Non posso tuttavia fare a meno di notare che c’è qualcosa che ti turba. Sai che a me puoi dire qualsiasi cosa>> Appoggiò la mano su quella di Aveline con fare rassicurante. Aveline apprezzava molto i suoi modi di fare così galanti e sinceri, ma quella sera proprio non riusciva a sentirsi a suo agio. Gli sorrise e gli rispose: <<Anche io sono contenta di essere di nuovo a casa, insieme a te. Devo confessarti che durante il mio viaggio me la sono vista brutta. Non tanto in missione quanto durante il tragitto dal Rohde Island alla tenuta di Davenport. Come ti ho accennato prima, sono stata attaccata da un orso che mi ha ferita gravemente al braccio. In quei momenti ho creduto davvero che sarei morta>>
<<E come sei riuscita a salvarti?>> Le domandò sorpreso. <<Grazie a Patince che ha trovato delle persone che mi hanno soccorsa e affidata alle cure di un medico: mi ha ricucito le ferite e medicata per quasi una settimana. Forse è per questo che mi trovi preoccupata>>
<<Caspita. Che brutta esperienza… Sarebbe meglio che tu ti facessi visitare dal tuo dottore>>
<<Avevo intenzione di andarci in questi giorni, per essere sicura che sia tutto a posto>>
<<Bene. Patience ha iniziato il suo addestramento con il Confratello Connor?>>
A sentirlo nominare ancora si sentì come se qualcuno le stesse trafiggendo lo stomaco: <<Si, ed è molto brava. Tu che mi racconti? Come vanno gli affari?>> Rispose, nel tentativo di cambiare rapidamente discorso. <<Ottimamente! Siamo praticamente al di sopra di tutta la concorrenza>> poi continuò dicendo: <<Ti volevo aggiornare su alcune informazioni che mi sono state passate da delle mie conoscenze. Si tratta della baia di Saint Louis: si vocifera di una crescente attività di vendita di schiavi; la situazione si è estesa a tutta la baia. In base a queste notizie ho visto uno schema di comportamente piuttosto simile a quello dei templari che agivano qui>>
Aveline si sentì come svegliata da quella sensazione di torpore in cui si trovava: <<Spiegami meglio: di preciso da dove viene questa voce?>>
<<La maggioranza delle voci vengono da Delisle. Sarebbe opportuno fare una verifica di persona>>
<<Giusto. Vorrei partire a breve. Sono stata fin troppo senza fare niente. Ho bisogno di impegnarmi e rimettermi al lavoro>>
Gèrarld le rispose sorridendo: <<Sei sempre la solita, non riesci a stare ferma. Va bene, come vuoi>>
<<Potrai perdonarmi? Ti lascio di nuovo solo a mandare avanti tutto>>
<<Tranquilla: l’azienda di tuo padre è in buone mani>>
Finirono di cenare e poi si ritirarono nelle proprie stanze. Nei due giorni successivi Aveline si preparò per il viaggio.